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Frammenti estemporanei disarticolati di una domenica di novembre (vagando in centro a Firenze)

Le persone in libreria si possono suddividere per categorie di interessi, a seconda dello scaffale dove passano più tempo.
Molta gente, dopo aver girato l’intero locale, finisce col tornare al primo scaffale.
E in genere è quello da cui prende il libro.
Una metafora della vita, e anche delle relazioni sentimentali.

Avete presente quel tipo di caffè che, non dico snob ma insomma… che si atteggiano un po’?
Quelli con una certa pretesa nell’arredamento e nelle stampe e nelle fotografie appese alle pareti, i listini fuori in bella mostra dove una cioccolata non costa mai meno di sette euro?
Ecco, ci siamo capiti.
Noto che negli ultimi tempi ne sono spuntati parecchi in città.
Tutti mezzi vuoti, almeno oggi.
I pochi clienti dentro, qualche coppia più che altro, parlano fra loro senza sorrisi.
Sarà che è gente fredda, sarà che è novembre, sarà che non c’è il mare a Firenze.

La domenica pomeriggio quasi tutti sono vestiti tutti uguali.
O meglio, anche qua, tagliando con l’accetta, si va per categorie di appartenenza, ma le categorie sono poche e la domenica si sovrappongono molto più di quanto non accada lunedì o mercoledì o venerdì sera.
Guardo i miei pantaloni, la mia camicia, il mio cappotto, le mie scarpe, e ne deduco che non faccio eccezione.
La cosa mi rassicura e mi intristisce al tempo stesso.

Tristi tropici.
E’ un libro di Claude Lévi-Strauss, una specie di diario di viaggio sulle tribù indigene del Brasile, scritto negli anni cinquanta.
Lo sfoglio senza troppa attenzione.
Vorrei leggerlo.
Sono sicuro che vorrei leggerlo.
Ad essere sincero sono anni che vorrei leggerlo.
Mi piace il titolo.
Come suona.
Lo rimetto sullo scaffale, accanto a un’infinità di altri libri che forse vorrei leggere.
Ne leggerò solo una piccola parte nella mia vita.
Il tempo, la voglia, la pila di volumi sul comodino, la pigrizia, gli “ho troppe cose da fare”, “lo leggerò prima o poi”, “non è il momento adatto”.
Ci sono libri per cui andrà così, e un po’ mi fa rabbia.
Sono come tutte le persone che avresti voluto o potuto conoscere e che non hai conosciuto e non conoscerai.

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